Giovanni Imparato – percussioni e voce
Luigi Carbone –pianoforte, tastiere, voce e voce narrante
Antonio Carluccio – voce e chitarra classica
Mats Erik Hedberg – TT guitars & Ebow
Davide Grottelli – sax, flauto e clarinetto
Annarita Di Pace – voce e violino
Aldo Perris – basso elettrico e voce
SINOSSI
In che modo avviene questa “Neapolitan Contamination”? La scelta del complesso è originale e coraggiosa: vengono riproposte canzoni, che ripercorrono 5 secoli di storia della musica napoletana (la canzone più antica, Michelemmà, risale al Seicento, forse prima). Ciascun pezzo viene ibridato secondo un’influenza diversa, cercando punti di contatto o di contrasto: “si parte dall’America del Nord (dal più antico genere gospel fino al funky, passando per lo swing, il jazz, il blues, il 5/4 di Take Five); si scende ai Caraibi, in Germania e a Cuba (con un trio di pezzi calypso, reggae e salsa) e poi in Argentina con il tango; si attraversa l’Atlantico per arrivare all’ Africa e infine in Europa, prima in Spagna (con il flamenco) e poi in Italia (con un omaggio allo stile di Fred Buscaglione). L’accostamento deriva ora dal ritmo, ora dal significato, ma è sempre istruttivo e orientato all’arricchimento reciproco.
I testi stessi delle canzoni vengono riprodotti ricostruiti e commentati per restituire un’immagine aperta del futuro, visto come serbatoio di opportunità. Come nella celeberrima “Funiculì funiculà” (reinterpretata attraverso gli echi del Kilimangiaro), che alla fine dell’Ottocento celebrava la funicolare del Vesuvio, disinnescando le loro paure: “io ffuoco coce ma si fuje, e nun te corre appriesso”.
Il risultato è uno straordinario matrimonio di suoni, di ambienti e di atmosfere, dove il contrasto già implicito nella canzone napoletana – la profondità struggente dell’amore la nostalgia che attraversa ogni nota, la leggerezza, l’ironia, il peso del male sempre in agguato, la paura e la spensieratezza – risulta amplificato dagli stili e dalle sonorità che vi vengono innestate. È il nome stesso del gruppo a fornire un’interpretazione di questo fenomeno, che spinge ogni battuta a vibrare assieme a chi ascolta: “La parola aréteca (noi abbiamo aggiunto solo l’acca) in napoletano descrive uno stato di irrequietezza, di movimento continuo… Da qui l’idea di muovere le cose, di stimolare il cambiamento, sviluppo, civiltà attraverso l’arte, grazie al lievito della contaminazione. Per un’energia che viene generata dalla curiosità e dalla tolleranza”. Un futuro quello racchiuso, in queste canzoni del passato mescolate con altri ritmi antichi e recenti nel nome di una modernità rivendicata, verso il quale bisogna muoversi con la voglia di fare le cose perbene.
Oh, yeah. Anzi, jammo, jammo, ‘ncoppa jammo jà…
Acquista i Biglietti sul sito
scegli sul calendario la data dello spettacolo, poi scegli il posto libero (color verde) cliccando sulla piantina del teatro e segui le istruzioni.
Per qualsiasi informazione chiama il botteghino allo 06 94 37 60 57