Di Eduardo De Filippo
Con Rosario Buglione, Lorenzo D’Agata, Emanuel Pascale, Maria Elena Verde
Musiche originali: Francesco Di Giuseppe, Leo Giulio Cresci
Regia di Emanuel Pascale
Aiuto regia: Maria Elena Verde
SINOSSI
“Scherza con i fanti ma lascia stare i santi”: così recita un famoso proverbio che Eduardo De Filippo, invece, rovescia mostrando il disagio dei vinti. “De Pretore Vincenzo” è la storia di un ladruncolo che fa un patto di affidamento tutto personale con San Giuseppe: se rubando solo ai ricchi gli affari funzioneranno, candele, lumini e fiori saranno sempre presenti ai piedi della sua statua.
Le cose però non andranno come sperato.
Indigenza, abbandono ed emarginazione trovano il giusto spazio di analisi in questa commedia in cui Eduardo mette in luce le pene dei relitti, vittime della società.
TRAMA DELL’OPERA
“De Pretore Vincenzo” è la storia di un figlio di N. N. divenuto ladro, a suo dire, “per necessità”. Il giovane è legato sentimentalmente a Ninuccia, una semplice ragazza che per racimolare qualche soldo fa la lavapiatti in una trattoria. Quest’ultima, appena Vincenzo esce dal carcere, convince il suo amato ad affidarsi ad un santo protettore, in modo tale che da quel preciso momento in poi le cose gli vadano bene. Vincenzo decide allora di affidarsi e fare un patto con San Giuseppe, secondo il quale, se il santo farà il suo dovere, ruberà soltanto ai ricchi e prenderà da loro quello di cui avrà bisogno senza più “scrupoli di coscienza”. La “protezione” ha subito il suo effetto: Vincenzo ruba in facilità e tranquillità, fino a quando un giorno sarà ferito a morte da un impiegato di banca al quale ruba una borsa contenente cinque milioni. In una visione premortale Vincenzo giunge in Paradiso scortato da San Giuseppe che assume le sembianze del tabaccaio della piazza frequentata dal giovane. Tutto sembra, dunque, finire per il meglio ma la felicità di Vincenzo viene squarciata da un brusco ritorno alla realtà: il ladruncolo si ritrova, esanime, in una squallida sala ospedaliera, nella quale poco dopo morirà.
NOTE DI REGIA
L’attenzione agli ultimi è stata sempre al centro della poetica eduardiana. Quello che Eduardo cerca di far emergere attraverso quest’opera sono le tematiche scottanti dell’abbandono e dell’indigenza che dominano nella Napoli del dopoguerra, alle quali né l’autorità statale né quella ecclesiastica (per quanto riguarda il notevole aumento degli orfanelli affidati a quest’ultima) riusciva a trovare un rimedio, generando in questo modo un enorme numero di “gente sbandata” che ricorreva a vie illegali per cercare di «tirare avanti». Nel protagonista, quindi, il drammaturgo partenopeo «ha voluto impersonare tutto il popolo napoletano, considerato “figlio di nessuno” da sempre. Popolo […] abbandonato alla sua sorte da sempre, perché i potenti – il Signore – hanno in ogni tempo ignorato i suoi bisogni».
La colpa di questa gente è quella di essere ignorante; infatti il protagonista dell’opera, se avesse avuto un’istruzione, avrebbe diretto la sua vita in una direzione decisamente diversa. Questo tema stette particolarmente a cuore ad Eduardo che, soprattutto quando ricevette la nomina di senatore a vita, s’interessò sempre di più al fenomeno napoletano, e non solo, della delinquenza giovanile. Egli stesso nei suoi ultimi anni di vita s’impegnò molto per questi giovani “delinquenti” che aveva visitato e con cui aveva parlato all’Istituto di rieducazione dei minori del Filangieri di Napoli, figli anch’essi abbandonati da quella società che li considera – come nelle battute finali dell’opera dirà la fidanzata di De Pretore – «nessuno».
La compagnia I viandanti sul mare – alla quale la famiglia De Filippo ha concesso i diritti in seguito all’esposizione del progetto – attraverso il potente Verbo di Eduardo, intende realizzare una messinscena che permetta allo spettatore di essere pienamente coinvolto nel dramma dei protagonisti, con i quali esso è in grado di ridere, scherzare ma soprattutto commuoversi per quello che è il loro destino. L’intento è quello di sottolineare attraverso quest’opera la funzione morale, civile ed educativa del Teatro di Eduardo, quest’ultimo sempre attento ai mali sociali che impediscono alla “persona” il pieno sviluppo della sua natura.
In questa messinscena la scenografia è volutamente scarna, proprio per far sì che ad emergere sia il vissuto ma soprattutto il dolore di ogni personaggio. In opposizione, nella seconda parte dell’opera i costumi dei santi sono sfarzosi e “carnevaleschi” per dar luce a come la religiosità popolare partenopea interpreta il suo rapporto con l’aldilà.
La commedia scelta, come del resto ogni opera di Eduardo, ha in sé tutta la forza per poter offrire allo spettatore un intenso momento di riflessione su tutte quelle dinamiche che condizionano fortemente le scelte di individui che nascono e crescono in contesti a rischio devianza.
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